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Vivere di diritti d’autore con una sola hit

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Vivere di diritti d’autore non è affatto facile, specie se si tratta di farlo con una sola canzone. Oggi con lo streaming la situazione è più complicata di quanto si pensi. Ma andiamo per gradi.

Hai mai sentito parlare del gruppo rock The Knack? No vero? E se ti dicessi che hanno partorito una delle canzoni più orecchiabili di sempre? Il titolo? My Sharona naturalmente!

Questo pezzo scritto di impeto in soli 15 minuti nel 1979, ha avuto un successo incredibile, anche perché si trattava sostanzialmente di un capolavoro creato da una band pressoché sconosciuta. Un pezzo che è rimasto per sei settimane in cima alla classifica Billboard Hot 100 vendendo 500 mila copie dell’album di debutto in soli 13 giorni, mica bruscolini!

Insomma questo pezzo è un evergreen e dopo più di 40 anni continuiamo a sentirlo ovunque: nei film, nelle pubblicità, nelle serie TV, nonché numerose cover band in piazze e locali che ci ripropongono questo successo. Che ne è stato dei The Knack? Continuarono a creare musica, ma nessun album, o meglio nessun pezzo riuscì mai ad equiparare il successo ottenuto con My Sharona.

Tuttavia ci sono tormentoni stagionali che permettono ad alcuni artisti guadagni da capogiro, perciò come non citare un evergreen ed una vera e propria curiosità natalizia, All I Want For Chrismas Is You di Mariah Carey pubblicata 28 anni fa e parte dell’album Merry Christmas. Secondo la rivista Economist che ha calcolato i guadagni fino 2016, questo pezzo ha messo in saccoccia più di 2,5 milioni di dollari l’anno, arrivando a guadagnare ad oggi un totale di oltre 70 milioni di dollari! E udite, udite! Anche questo brano è stato scritto in soli 15 minuti!

The Knack – My Sharona 1979

Vivere di diritti d’autore: The Knack maestri assoluti

Esatto! Perché questo unico successo, per la band è stata una vera e propria miniera d’oro. Parola di Berton Averre chitarrista che ha scritto My Sharona insieme al defunto cantante Doug Fieger. Intervistato qualche tempo fa dal Washington Times ha detto che quando la gente gli chiede che cosa fa oggi per tirare a campare risponde sempre: apro la mia cassetta delle lettere un paio di volte al mese.

Insomma un vero masterpiece partorito in pochi minuti e che oggi gli permette di vivere di diritti d’autore.

In Italia invece chi guadagna di più?

Ci aiuta a capirlo un post di Rockit pubblicato nell’ormai lontano 2013 che riprende un articolo di Massimo Sideri apparso sul Corriere della Sera nello stesso anno. Il più ricco grazie ai diritti d’autore non è un musicista ma un autore, si tratta di Michele Guardì, autore e regista di programmi come Uno Mattina e per anni Il Comitato del programma I fatti vostri. Ogni dodici mesi guadagna due milioni di euro di diritti d’autore. Ma tornando alla musica gli fanno concorrenza i sempreverdi Vasco Rossi e Ligabue con 1 milione e 600 mila euro a capoccia! Anche Zucchero non se la passa tanto male sopra il milione di euro al mese. C’è chi sta decisamente bene pur non superando il milione e parliamo di Jovanotti, Gianna Nannini, Eros Ramazzotti, Claudio Baglioni, Biagio Antonacci, Francesco De Gregori.

Oggi gli artisti possono ancora sperare di diventare ricchi con una hit?

Oggi è sempre più difficile vivere di diritti d’autore, l’industria musicale è sotto il giogo delle piattaforme di streaming che pagano mezzo centesimo per riproduzione. A queste condizioni i musicisti non riescono ad ottenere neanche l’equivalente di un ipotetico salario minimo. In Italia lo stop di due anni ha generato un accrescimento del divario tra i ricavi dei servizi digitali e i compensi che arrivano agli autori.

Diritti d’autore: conviene essere il cantautore

Nonostante tu sia il cantante di una band con un brano di successo non significa che guadagnerai tanti soldi. Ci sono due tipi di copyright da considerare: composizione e registrazione del suono. Sono diritti d’autore differenti ed entrambi pagano diversi insiemi di diritti d’autore. Spesso però l’artista è l’ultimo anello di questa catena. Il libro dal titolo Making Money with Music di Randy Chertkow e Jason Feehan di cui parla Howstuffworks accende i riflettori sul complesso mondo delle royalties e fa delle opportune distinzioni.

I diritti da registrazione del suono: ogni volta che un brano viene riprodotto in streaming, scaricato o venduto in supporto fisico come cd, 33 giri o musicassetta, il titolare dei diritti della registrazione della musica viene pagato. Ma per la maggior parte delle band sotto contratto discografico, il titolare dei diritti non è il musicista ma la stessa etichetta discografica. Secondo Chertkow è possibile riscuotere i diritti di registrazione se si possiede il master del pezzo, ma questo è abbastanza raro per gli artisti più giovani che devono ritenersi fortunati qualora il contratto gli dia diritto ad una piccola percentuale sui diritti daa registrazione del suono.

I diritti di composizione sono cosa diversa, perché il cantautore è colui che detiene i diritti d’autore per la composizione. Dunque qualora scrivessi una canzone di successo, potresti avere la possibilità di guadagnare piuttosto bene. Questo però dipende da quanto devi condividere con la casa discografica, gli editori e chi a vario titolo detiene i diritti.  

Se invece suoni in un album in un pezzo che non è tuo, ma il tuo assolo di chitarra diventa cosi celebre da rendere il brano un gran bel pezzo virale, purtroppo non ci starai ancora guadagnando in termini economici. Ecco perché per colpa dei soldi molte band si sono sciolte.  

Ma facciamo il punto sui diversi tipi di royalties da composizione che vengono pagate al cantautore
  • Le Mechanical Royalties sono royalties pagate al cantautore ogni qualvolta la canzone viene venduta in qualsiasi forma: 33 giri, nastri, CD e/o download digitali.
  • Le Performance Royalties sono un tipo di royalties che vengono pagate al cantautore ogni volta che la canzone viene eseguita in pubblico, quindi non solo live ma anche passaggi radio e streaming. La maggior parte dei musicisti che sono sotto contratto però devono dividere questa royalty con un editore.
  • Le Sync Licence Royalties sono quelle che vengono pagate quando un brano viene concesso in licenza ad uno spot pubblicitario, un programma televisivo, a un film, unaa serie o ancora ad un creator su TikTok. Anche in questo caso l’editore che gestisce le licenze si accaparra una grossa fetta della torta di queste royalties.
  • Le Print Royalties sono pagate quando vengono vendute copie in formato cartaceo della musica, come gli spartiti o le tablature, il che se ci riflettiamo non comporta un grande guadagno oggigiorno.
Lo streaming aiuta ma non ti rende ricco

Quando i 33 giri andavano per la maggiore, si acquistavano i cd e le musicassette o si pagava per scaricare le canzoni da iTunes il cantautore ci guadagnava qualche centesimo, ma adesso che le industrie dello streaming dominano il mercato, cosicché anche queste piccole opportunità di guadagno sono svanite nel nulla.

Secondo la Recording Industry Association of America (RIAA), oggi lo streaming rappresenta l’84% di tutto il denaro ricavato dalla musica negli States, mentre I CD fisici e i dischi rappresentano solo il 10% delle vendite di musica, mentre i download digitali sono scesi al 5%.

E nel nostro Paese?

Secondo FIMI nel triennio 2018-2020 gli incassi dei servizi di musica in streaming hanno costituito il 50% di tutto il mercato discografico nazionale. Il dati che vedete qua sotto li ho reperiti da un interessante articolo su Latuamusica.com.

Fonte dati: Latuamusica.com

Tuttavia non è facile capire quanto guadagna un artista per ogni stream anche perché i pagamenti dipendono dalla zona geografica dell’ascoltatore e anche dal fatto che questo sia o meno un abbonato. I pagamenti più alti sono ancora di circa mezzo centesimo per stream. Ma ricordiamo che chi sta sotto contratto ne vede solo una piccola parte di quel mezzo centesimo.

Secondo Digital Music News, in California un musicista dovrebbe ottenere più di 455.000 ascolti al mese ossia 5,46 milioni all’anno, solo per guadagnare il salario minimo di quello Stato, che corrisponde a 14 dollari l’ora.

Oggi attraverso i social media è più semplice proporsi ad un pubblico, ma anche se sfornassi una hit veramente piaciona, un successo per quanto enorme possa essere non ti aiuterebbe a vivere di diritti d’autore. Avresti bisogno di altre fonti di reddito.

Adesso mi direte: “Si ma i The Knack?

È sempre bene contestualizzare quel successo avvenuto in un’epoca in cui esisteva una sorta di monopolio di pochissime grandi etichette. Oggi non è possibile vivere di sole royalties ed è difficile guadagnare tramite queste. Per contro però gli artisti di oggi hanno a disposizione numerose piattaforme per raggiungere direttamente gli appassionati di musica e aggirare gli intermediari come etichette discografiche, editori, ecc.).

I concerti live rappresentano la più grande risorsa

Come abbiamo visto i guadagni con lo streaming sono pressoché irrisori e raggiungere un certo numero di ascolti a meno che tu non sia già famoso a livello nazionale è praticamente impossibile, inoltre su quei piccoli guadagni bisogna anche pagarci le tasse, motivo per cui molti artisti preferiscono vendere i propri cd nel corso dei concerti live con la possibilità di guadagnare cifre ben diverse, che possono sicuramente contribuire ai progetti presenti e futuri.

Secondo Chertkow e Feehan i musicisti veramente indipendenti sono l’etichetta discografica di sé stessi, perché possiedono i master, il che significa che possono riscuotere tutte le royalties, inclusa la registrazione del suono. Inoltre se una canzone funziona e diventa virale bisogna sfruttare tutto il suo potenziale: concerti, vendita supporti digitali e fisici, streaming, dirette, e perché no attivarsi su piattaforme di crowdfunding.

Finchè c’è un sogno c’è una speranza

Oggi che il mondo dei concerti live ha riaperto i battenti possiamo tirare un sospiro di sollievo perché è li che i musicisti possono guadagnare. Secondo un ex dirigente di MCA/Universal Music una band con un solo pezzo di successo può ancora raggranellare tra i 10 mila e i 50 mila dollari a concerto e in questo caso la band ne trattiene tra l’85% e il 95% dividendo il restante con il proprio manager. Niente male no?

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