Negli ultimi anni la Generazione Z è al centro del dibattito collegato al lavoro e all’istruzione.
Secondo recenti sondaggi la Generazione Z sta perdendo punti agli occhi dei datori di lavoro. Questi ragazzi paiono svogliati e demotivati, pretendono alti compensi a fronte di una scarsa preparazione e inoltre si presentano ai colloqui di lavoro in compagnia dei genitori.
Anche in Italia si parla spesso di situazioni analoghe, (benché il sistema istruzione-lavoro sia completamente diverso rispetto a quello degli Stati Uniti), ma la stagionalità di numerose mansioni con condizioni di lavoro non idilliache e gli stipendi fermi da 30 anni, ci danno più di una qualche attenuante.
Generazione z: il sondaggio di Intelligent
Quello che state per leggere è il frutto di un sondaggio condotto dalla rivista Intelligent di cui ha parlato il New York Post, che ha preso in esame i ragazzi e le ragazze nati tra fine degli anni 90 e i primi 10 anni degli anni 2000, che faticano a trovare una occupazione a causa del loro modo di porsi.
L’indagine di Intelligent, condotta a dicembre negli USA, ha coinvolto 800 persone tra manager e dirigenti ai quali è stato chiesto il perché preferiscano assumere lavoratori più anziani ed esperti rispetto alle nuove leve della Generazione Z.
Da questa emerge che negli Stati Uniti il 39% dei dirigenti d’azienda preferisce assumere personale più anziano e ben integrato nel settore, offrendo stipendi più alti e maggiori benefit.
I numeri dell’indagine: i datori di lavoro
Il 53% dei datori di lavoro intervistati ha affermato che i neolaureati hanno difficoltà a mantenere il contatto visivo durante il colloquio, il 50% ha affermato che i candidati chiedono un compenso esagerato ed irragionevole, mentre il 47% ha affermato che i candidati non si vestono in modo consono ad un colloquio e all’ambiente di lavoro al quale auspicano di accedere, mentre il 21% ha affermato che molti si rifiutano di attivare la fotocamera in caso di colloquio condotto da remoto.
Inoltre, il 63% dei recruiters ha affermato che i neolaureati non riescono a gestire il proprio carico di lavoro, il 61% sostiene che arrivino spesso in ritardo al lavoro, il 59% ha affermato che non sappiano rispettare le scadenze prefissate e il 53% nota che sono soliti arrivare in ritardo anche alle riunioni.
Dubbi sulle capacità comunicative e sulla professionalità
Il 58% dei datori intervistati sostiene che i candidati della Generazione Z in cerca di lavoro siano permalosi e tendano ad offendersi troppo facilmente. Risultano impreparati rispetto ai ritmi della vita lavorativa, il 57% nutre dubbi sulla loro professionalità, il 55% afferma che i giovani non accettino le critiche costruttive e il 52% sostiene che abbiano scarse capacità comunicative. Tra gli intervistati, il 47% ha ammesso di aver licenziato un neolaureato.
La parola agli esperti
Come si legge su New York Post, secondo Natalie E. Norfus, esperta di risorse umane e fondatrice di The Norfus Firm a Miami, in Florida:
In difesa dei giovani arriva Joe Mull
Il metodo migliore è quello di far seguire e affiancare i giovani dai professionisti più esperti, piuttosto che assumere i candidati più anziani. Questo è quanto ha sostenuto Joe Mull professionista che insegna ai leader e agli imprenditori come essere capi migliori e far sì che il lavoro funzioni bene per tutti. È autore di importanti libri sul mondo del lavoro tra cui il suo ultimo successo: Employalty: How to Ignite Commitment and Keep Top Talent in the New Age of Work. (Occupabilità: come stimolare l’impegno e trattenere i migliori talenti nella nuova era del lavoro).
Stralcio del suo discorso tratto da New York Post: