Le scarpe di Unabomber hanno fatto storia, si perché con questo trucchetto il temibile assassino prese in giro gli inquirenti per parecchio tempo.
Il suo nickname deriva da UNiversity and Airline BOMber. Criminale celebre per la creazione di ordigni consegnati a vittime casuali, ha sempre seminato falsi indizi per confondere le autorità. L’FBI ha trascorso oltre due decenni a dare la caccia a questo lupo solitario che ha seminato il panico negli States.
Unabomber al secolo Theodore Kaczynski attirò a sé le attenzioni dell’ FBI nel 1978, quando fece esplodere un ordigno improvvisato in una università di Chicago.
Dopo quell’evento per circa diciasette anni ha spedito e consegnato a mano una serie di ordigni sempre più sofisticati che hanno ucciso tre persone e ferito gravemente un’altra ventina. Ha addirittura minacciato di far saltare in aria gli aerei di linea; non certo un personaggio da prendere sottogamba.
Le scarpe di Unabomber: un inquietante particolare
Dal 1979 una taskforce che univa FBI e ATF (servizio di ispezione postale degli States) attirò a sé più di 150 ricercatori intenti a scovare tutti gli indizi possibili per arrivare a catturare il terrorista. Hanno studiato la composizione degli ordigni usati, ma anche la vita delle vittime nei minimi dettagli.
Tuttavia Unabomber aveva la capacità di non lasciare alcuna traccia mettendo in seria difficoltà gli esperti forensi.
La natura degli ordigni creati con materiali di scarto reperibili quasi ovunque, è stata una scelta oculata che ha permesso a Unabomber di passarla liscia. Anche se si pensava che le vittime venissero scelte a caso, in realtà Kaczynski mirava a colpire dei simboli, simboli che non collimavano con ciò che dichiarava nel suo manifesto.
Le scarpe di Unabomber avevano la suola Converse
Per depistare gli inquirenti decise di attaccare una contro suola alla sua scarpa ma molto più piccola, le foto sono reperibili un po’ ovunque sul web.
Gli inquirenti cercavano le impronte di un adulto maschio con una taglia di circa 42 e mezzo. Unabomber pensò bene che questo metodo potesse depistare gli inquirenti facendo loro pensare che si trattasse di un adolescente in sovrappeso e dunque non compatibile con la ricerca.
Nella sua innegabile follia questo metodo funzionò, ecco perché è un dettaglio importante per entrare nella mente del serial killer. Osservare questo oggetto ci avvicina virtualmente al suo mondo, ci aiuta a capire cosa poteva pensare Kaczynski quando le costruì e le indossò.
La svolta nelle indagini
Era pensiero comune che Unabomber fosse cresciuto tra Chigago, Salt Lake City e San Francisco, possibilità poi rivelatasi vera. Inizialmente era arduo anche fare delle ipotesi circa la sua professione o sul sesso.
Ma la svolta decisiva arrivò solo nel 1995 quando l’assassino invia all’FBI un saggio di 35 mila parole spiegando le sue motivazioni e le sue opinioni circa i mali della società moderna.
Secondo questo saggio cedere ai terroristi era l’unica via di salvezza. Così l’allora direttore dell’ FBI Louis Freeh e il procuratore generale Janet Reno diedero l’ordine di far pubblicare il folle manifesto sulle pagine del Washington Post con la speranza che i lettori potessero identificare chi avesse scritto quel folle saggio.
Dopo che il manifesto apparse sulle pagine del quotidiano, circa un migliaio di persone avanzarono dei sospetti sui possibili autori, ma uno su tutti rispetto a quelli segnalati dai lettori, sembrava corrispondere in maniera piuttosto inquietante.
In quelle parole un certo David Kaczynski ritrovò le caratteristiche di suo fratello Ted, cresciuto proprio a Chicago, matematico, fu professore all’Università della California e a Berkeley proprio dove erano state piazzate due bombe. Inoltre visse a Salt Lake City prima di stabilirsi definitivamente nella ormai celebre casetta di legno di 10 ‘x 14’ che i fratelli avevano costruito vicino a Lincoln, nel Montana.
L’arresto di Theodore Kaczynski
Il fratello, seppur riluttante in un primo momento, fornì anche altri scritti che secondo l’analisi lessicale risultarono perfettamente compatibili con la mente che poté partorire le idee contenute nel saggio e con la natura degli attentati. Questo fu sufficiente a far scattare un mandato di perquisizione.
E’ così che il 3 aprile del 1996 venne arrestato nella sua casetta, dove trovarono una imponente quantità di ordigni, quarantamila pagine di diario scritte a mano che comprendevano esperimenti di fabbricazione di bombe e descrizioni dettagliate dei crimini commessi, nonché una bomba pronta per essere spedita.
Si dichiarò colpevole nel gennaio del 1998 e venne recluso in isolamento in una prigione di massima sicurezza nello Stato del Colorado.