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Sassari dice no ai Savoia!

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Doveva essere un evento solenne, ma si è trasformato in un caso politico-culturale destinato a far discutere. Il 17 maggio 2025, in occasione della Cavalcata Sarda, l’Università di Sassari avrebbe dovuto ospitare una cerimonia ufficiale con Emanuele Filiberto di Savoia.

Organizzata dalla Delegazione sarda degli Ordini Dinastici della Real Casa di Savoia e, pare, con la complicità del rettore Gavino Mariotti, la visita prevedeva la consegna all’erede della monarchia italiana di un antico sigillo dell’ateneo, un riconoscimento solitamente riservato a chi ha portato onore e prestigio alla città.

Ma qualcosa è andato storto. Anzi, più di qualcosa.

Onorificenza a chi? Esplode l’indignazione

Quando la notizia è trapelata, la reazione non si è fatta attendere. Gruppi indipendentisti, docenti, studenti e semplici cittadini si sono mobilitati con un chiaro messaggio: “No ai Savoia in Sardegna”.

Emanuele Filiberto, secondo i promotori della protesta, non rappresenta solo un’eredità lontana ma un simbolo ingombrante di un passato di dominio, repressione e spoliazione. Altro che lustro per la città: la memoria collettiva sarda associa i 140 anni di dominio sabaudo a uno dei periodi più bui della storia isolana.

I conti con il passato: le ferite aperte del dominio sabaudo

Dietro l’indignazione non c’è solo la politica, ma un vero e proprio dolore storico. Nei comunicati degli attivisti si parla chiaro:

  • repressioni armate e impiccagioni pubbliche di patrioti sardi;
  • la distruzione della gestione comunitaria delle terre con l’editto delle chiudende;
  • la deforestazione selvaggia per favorire gli interessi privati;
  • e infine, l’appoggio al fascismo e alle leggi razziali.

Insomma, un’eredità di sangue e silenzi, che secondo molti rende l’invito a un Savoia non solo inopportuno, ma offensivo.

Un’università che perde la voce: tra austerità, silenzi e porte chiuse

La sede centrale chiusa agli studenti, ma pronta per i monarchi? A rendere la questione ancora più controversa è lo stato in cui versa l’ateneo sassarese.
Da tempo, denunciano studenti e personale, la sede centrale di piazza Università è sbarrata: l’aula magna è inutilizzata, la storica biblioteca Olives è chiusa, e le lauree si celebrano in spazi angusti e anonimi.

Eppure, proprio quell’aula magna inaccessibile agli studenti era stata scelta per accogliere il principe.
Un gesto che ha acceso ulteriormente la rabbia: Come può un’università pubblica dimenticare la sua funzione democratica e aprire le porte a simboli del potere elitario?

Piazza università si ribella: questa terra non dimentica, una protesta pacifica per difendere la memoria

Il giorno della cerimonia, la piazza era pronta. Ad attenderla non c’erano tappeti rossi, ma persone comuni pronte a difendere la memoria dei propri antenati. Gli attivisti di Repùblica e tanti altri si erano dati appuntamento per un sit-in pacifico. Nessuna violenza, solo la forza della storia. Ma alla fine, né il rettore né Emanuele Filiberto si sono visti. L’evento è stato annullato in extremis.

Un messaggio chiaro: in Sardegna i Savoia hanno fatto più morti della peste

È una frase forte, ma densa di significato storico. È il grido di un popolo che non vuole dimenticare. Che chiede rispetto. Che rifiuta ogni forma di revisionismo o spettacolarizzazione della monarchia.

Alla fine, è emersa la verità più importante: le università non devono servire il potere, ma la memoria, la cultura e la libertà. Quello che è accaduto a Sassari non è solo un caso locale. È lo specchio di una Sardegna che lotta per non farsi riscrivere la storia, per non cedere alla tentazione del cerimoniale vuoto, per restare fedele alla sua identità. L’Università, da sempre tempio di pensiero libero, dovrebbe ricordare da che parte stare: con chi insegna e con chi apprende. Con chi resiste e con chi ricorda.

Fonte Mediterranews